LONGO E' LO CAMMINO, MA GRANDE E' LA META - Brancaleone da Norcia -



mercoledì 5 gennaio 2011

UN THE

Di non essere l’italiano per antonomasia, quello traspare decisamente. E chi mi frequenta molto presto si accorge di questa “anomalia”.
Per esempio, a me piace il low profil, o meglio, mi piace che ci si accorga solo se si capisce o si sa. Non mi piace sbraitare in faccia marchi o status symbol: molto meglio un abito su misura, uno di sartoria, artigianale, che non un GucciArmaniVersaceDole&Gabbana. Io comprerei Aston Martin, comprerei Ferrari, ma qualcosa di molto poco “rosso”. Non mi ammazzo allo stadio. Pratico sport non esattamente italiani. Mi trovo perfettamente a mio agio a Nizza, città che non molti amano, quasi nessuno per la verità tranne … tranne non saprei, e pensate: mi stanno anche simpatici i francesi (di sesso femminile soprattutto)
Ma sopra ogni cosa: il the. Io sono uno da the. A me del caffè non mi frega niente, lo bevo per compagnia, dopo pranzi o cene, se offerto, ma se scelgo bevo the.
C’è chi senza caffè muore, non inizia la giornata, non connette fino alla tradizionale necessità quotidiana, io no. Io senza caffè sopravvivo, anzi vivo.
Il the invece è diverso: non è una necessità, non è ingoiare una dose di caffeina, non è un pre-sigaretta. Il the è un momento di pausa: è un momento che ti prendi ed è giocoforza lungo: l’acqua si deve scaldare, la tazza deve essere tiepida, il filtro posizionato  sul fondo della teiera e l’acqua non deve bollire, ma accennare solamente con quelle leggere bollicine da acqua gasata, poi devi aspettare che la miscela rilasci il suo aroma, il colore, e poi lo bevi, così, al limite estremo con un po’di latte o con un po’di miele, ma così.
Certo, al bar o in pausa, te lo scordi: acqua scaldata da vapore, bustina su piattino e andare, ma è comunque tempo che prendo per me. Poi in oriente non si dice che la via della saggezza passa attraverso litri e litri di the? E Dio sa quanto abbisogno di saggezza.

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