LONGO E' LO CAMMINO, MA GRANDE E' LA META - Brancaleone da Norcia -



martedì 26 aprile 2011

Titolo: LE NOTTI INSONNI DI RED. Sottotitolo: non è erotico (ooohh…) ma basta chiedere (aaahhh!)

Paolo Rossi (non Pablito, parlo del cabarettista, attore, istrione, qualcuno direbbe comunista, ecc), qualche anno fa cantava “ho fatto un sogno, un sogno all’incontrario”, come il treno dei pensieri di Celentano.
Noi red siamo tanti, chi con mente eccelsa e chi in rincorsa come me.
Insomma come lui anche io ho fatto un sogno. Venerdì notte. Non avevo nemmeno mangiato pesante per cui lo stomaco non è causa attiva, forse l’acido lattico è arrivato al cervello, forse l’ipossia mi ha bruciato cellule cerebrali, fatto sta che ho sognato di dormire.
Non male eh?! Dico, le condizioni in cui sono. Ecco, per questo alla frase lo sport è salute ho sempre alzato perplesso un sopracciglio con aria estremamente dubbiosa. Rischia di ridurre così. Vero che io parto da una base mica da ridere.
Comunque, ho sognato di dormire, o meglio di non dormire. Ho sognato l’ultima notte insonne.
Potere della suggestione? Può darsi. Intanto io ho fatto questo dolce sogno. Vita vissuta, quindi ha un sapore ancora diverso e proprio per questo è un sogno all’incontrartio.
Non sono bravo con le parole, io metto delle lettere in fila una all’altra in ordine (a volte nemmeno corretto) per cui non pretendo di dirne come chi è proprio bravo. Ma per fortuna c’è chi ha detto di questa notte (che) ancora vola (e non è la Cuccarini)
E  ora c’è in archivio un altro insieme di versi che individuano un pezzo di vita e che fanno tanto male quando suonano.
Ma si può sognare una notte? Si può sognare di dormire, o di non dormire?
Numeri please….



lunedì 25 aprile 2011

PRANZO DI PASQUETTA

martedì 19 aprile 2011

QUANTO CARATTERE CI VUOLE?

Guardate gli scherzi della vita.
Ghebre (Haile Gebrselassie, lu Re) fa 2 ore 3 minuti e 59 secondi, lo fa a Berlino nel 2008 ed è la miglior prestazione sulla distanza di sempre (che equivale al record del mondo ma tecnicamente non lo è perché le corse su strada non sono riproducibili fedelmente come quelle in pista.).
Che dire Ghebre è Ghebre.
Domenica arriva uno, bello come il sole e leva quasi un minuito. Tale Geoffrey Mutai, conclude Boston in 2 ore, 3 minuti e 2 secondi. Che per la cronaca vuol dire andare a oltre ventuno all’ora per quarantadue chilometri e centonovantacinque metri.
Beffa delle beffe? Il record non può essere omologato perché la gara si svolge su un tracciato dove il dislivello tra la partenza e l’arrivo è superiore a quello indicata dalla iaaf. Le condizioni atmosferiche particolarmente favorevoli hanno fatto il resto: si parla di vento a favore molto forte.
Per cui fai il record del mondo e non viene omologato, ti rimane la consolazione di averlo fatto, certo, ma…
Volete che vi racconti cosa è peggio?
Il secondo classificato, all’esordio sulla distanza per altro, giunge al traguardo con 2 ore, 3 minuti e 6 secondi. Altro record del mondo!
Pensate che beffa: fate il record del mondo  ma c’è uno che quel giorno li è venuto e vi ha dato quattro secondi quattro su una maratona e vi soffia tutto: titolo, gloria e record.
Ci vuol carattere a ridere di questo. Fatti coraggio Moses.





CHE MONDO SAREBBE SENZA NUTELLA?

.




































La pagina nera è dedicata a Pietro Ferrero.
GRAZIE.

lunedì 18 aprile 2011

ÌÉR [Hyeres]

Questo me lo dovete concedere.
Mentre avrei dovuto essere in un altro posto, ier(i), in realtà ero a Hyeres, provincia di St. Tropez. Diciamo, ho fatto la cosa giusta ma no. non so com’è, me ne manca un pezzo.
Sorvoliamo.
Nella torrida e assolutamente ventosa giornata, sono andato a farmi prendere a sassate da quelli bravi.
Che livello: in bici mi hanno fatto barba e capelli con la riga in mezzo e la sfumatura alta. Per farvi capire, il mio vicino di postazione aveva questa bici

non aggiungo altro.
La prima frazione a piedi… si saliva, poi ancora un po’, poi c’era quell’altra rampa e poi iniziava le salita vera. In cima alla montagna, passavo di fianco al muro del castello, guardavo su con aria rinfrancata pensando che più su non c’era nulla dove andare, ma più su è esattamente come più in basso. Un po’di più si può sempre andare, infatti… vabbè. Scolliniamo, in cima c’è il ristoro, davanti un muro di gente cremata dalla salita presa fuori giri. Salto stupidamente il ristoro e inizia la discesa ripida che fa male ai glutei. Bisogna risparmiarsi, ce n’è ancora tanto. Glia ltri due non li vedo più, saranno partiti a tre e trenta. Non oggi e non con quel percorso il primo giro a piedi.
Prendo la bicicletta, e sorprendentemente ce n’erano ancora in zona cambio, e neanche poche… infatti sono quelli che mi hanno superato sul piano, più avanti. Quelli con le ruotone (alto profilo, c’era persino gente con la lenticolare dietro, li senti arrivare fanno rumore. Niente scia e io con la mia bici da salita li in mezzo a tutti ‘sti “Cancellara” mi sentivo piccolo piccolo.
Scherzi a parte il livello era alto veramente. C’era gente che in un duathlon fa trentadue sul diecimila piatto.
Poi arrivano le salite. Dolci come le chiama Bicio (io di salite dolci non ne conosco, a me sembrano tutte salate, mi fan tutte venire una sete…), ma i mr54, quelli con le scott e le cervèlo da cronometro vanno un po’ in difficoltà, ma rispetto ai quaranta che tirano in piano… io salgo bene, agile, mi servono le gambe per la seconda frazione a piedi, al sole rovente del sud della Francia. Come se non bastasse un vento che ti porta via, sempre contro (non si capisce come mai, l’ho visto solo in montagna quel fenomeno li, fai un anello e hai sempre vento contro).
In discesa vado bene, non ho mai avuto grossi problemi di traiettorie, solo a un tornante sono arrivato un po’lungo… recupero un po’ di gente, mica tutti però.
Io ho girato a trenta di media, gli altri mi sa che vanno un bel po’ più forte.
Ri-zona cambio dopo sessanta chilometri per la seconda frazione a piedi. Ce n’è di gente.
Chi se ne frega.
Parto a piedi, non mi rendo bene conto, ho le gambe un po’rigide e il “senso della velocità” della bici, e non riesco a capire… guardo il Garmin e vedo che corro bene. Più vado avanti e più mi sento ”becchino” tanti cadaveri raccolgo, tutte le vostre alto profilo e telai da crono, le appendici aerodinamiche… poi l’angoscia. Ora col caldo… la corsa è lunga, e se prendo la cotta? Non mi va proprio. Intanto raccolgo. C’è gente che si ferma ai ristori a far merenda… al primo ristoro della corsa il tipo davanti a me fa pranzo di nozze e rimette i bicchieri vuoti sul tavolino. Passo io e cosa prendo? Il bicchiere vuoto. Bestemmione, ma tanto il ristoro è passato. Perso. Venti metri e lo raggiungo, lo maltratto dicendogli che siamo in gara e i “morti” si buttano nei sacchi dell’immondizia. Lo lascio sul posto. Ci mancava ancora quella.
La corsa procede bene. Sono sorpreso davvero. Raccolgo gente in trance, gente che mi fa il tifo, uno mi chiede se sono appena partito o se ho fatto tutta la gara.
Arrivo e gli altri due sono schierati dietro l’arco del traguardo. Prendo un abisso da Nick e solo sei minuti da Bicio. Ho il miglior tempo dei tre sulla seconda corsa. Il ventesimo assoluto.
Avrei continuato per altri dieci.
Il momento delle somme, delle considerazioni. Mi è mancato un pezzo. L’essere qui e non la. Mi è davvero mancato tanto. Mi è mancato il dopo gara. Mentre guidavo a tornare a casa ci pensavo, quando anche gli altri hanno esaurito l’adrenalina della gara, tutto si fa quieto e tu resti solo con la strada, la musica, allora li vengono a trovarti i pensieri. Tutti. E ti conviene abbracciarli in un ballo dolce e sensuale, farti accarezzare, abbracciare e poi condurre in posti dolcemente malinconici. Sono momenti che non sai se ami o detesti, ma sono quelli in cui vivo emozioni sincere e intense. Sono quelli che mi aiutano a smontare e rimontare le cose, che mi aiutano a capire.  
Come potrei vivere senza?



giovedì 14 aprile 2011

PSICOPATICI

Contati: superati i 300!
Senza contare quelli di “diversa natura”.
C’è chi dice che è da psicopatici (testuali parole), io credo sia una buona media, sostenibile. Sono anzi convinto che forzando il ritmo si possa anche aumentare, già successo. Certo è una questione di impegni, già così siamo al limite. Bisognerebbe accantonare il lavoro, allora li sì che ci si da al professionismo…
Non vuole essere uno sproloquio inutile ma mi sa che fino ad ora difficilmente qualcuno ha capito qualcosa di cosa ho scritto.
approfondiamo.
È una questione di come il nostro tempo viene impiegato, di quello che ci va di fare e che ci procura piacere.
Poi succede che non te ne accorgi e ti ritrovi coinvolto in una vera e propria dipendenza.
“le dipendenze sono patologie mentali da cui ci si può e deve liberare…”
chiunque aspiri all’elevazione, all’ascetismo, è costretto a passere per questa stretta via: occorre affrancarsi in tutto e per tutto da quanto ci lega al mondo terreno.
Avanti, adesso voglio vedere chi riesce a scagliare un sasso fin qua.
Ce ne sono tante, dal fatto di avere il nottolino di avviamento del cervello a forma di tazzina del caffè, al bisogno compulsivo di sport, di lavoro, di sesso, di gioco d’azzardo, persino di dio.
Sono dipendenze ne più ne meno come quelle dall’eroina, alcune come Dio o il lavoro, socialmente accettabili anzi per certi versi persino paradossalmente portate a virtù.
Bob De Niro, in Cape Fear (a proposito di psicopatici) diceva in carcere di essersi liberato di tutti i vizi tranne quello di un sigaro ogni tanto, perché un uomo (sempre inteso come umano), per ricordarsi di essere tale e non perdere il senso della misura, deve conservare un vizio.
Ci sono poi le necessità, e il confine tra le due cose non è poi così netto. Infatti mi viene in mente quando una necessità viene scambiata per vizio.
Io quello che faccio lo faccio per piacere, per passione, per amore, per cui è una assoluta necessità. Non potrei mai stare senza.
Senza quella sensazione di spossatezza che hai dopo, senza quel piacere che ti da facendolo. I momenti che hai nell’attesa, ci pensi, ci ripensi, e poi quando lo rivivi…
Sono forzatamente rimasto senza per un periodo e, parola, non riesco a capacitarmi di come ho fatto senza.
L’allenamento, i chilometri di corsa, in bici, le gare, la pista, la strada. Saremo dei matti magari, ma chi non ha provato non può sapere.







giovedì 7 aprile 2011

SONO UN FENOMENO PARANORMALE

Bicio: “hai visto Armstrong?”, mi giro, “dove?!”. Non raccoglie, peccato.
“Ha fatto quarantasei.” “Ah, lo facevo più giovane, mi sembrava di trentotto”, “no, minuti. Ha fatto una gara di nuoto sui 3.8 km e ha fatto quarantasei minuti”.
Ora, al di la di quello che personalmente credo, e cioè che la pagliacciata della pro-tour  sponsorizzata dalla faccia del topolino umano, dalla cavia vivente, dalla bandiera delle case farmaceutiche produttrici di… sostanze per il miglioramento prestazionale nello sport, (io non ho scritto la parola che intendete voi, eh!?), è marginale in tutta questa faccenda, la prenderei piuttosto per i numeri.
uno che fa 46 sul 3.80 km in acqua, uno come lui diciamo, anzi, diciamo proprio lui, poi mi sa che in bici la posizione la tiene. In maratona mi pare abbia 2:46, che non è un tempo stratosferico, ma di tutto rispetto. Certo in ironman è diverso: non credo riuscirà a correre a quella velocità
Insomma, seguirà le orme di Laurent Jalabert che, a Nizza, uscito dall’acqua in tempi che sfondano l’ora, un modestissimo 1:06, va a piazzarsi al dodicesimo posto assoluto grazie principalmente ai suoi trentotto orari di media (per centottanta chilometri) con quel percorso!.
Io quarantasei in acqua non lo faccio nemmeno a remi, i quaranta di media in bici? In gruppo, col vento alle spalle, in piano e con le ruote alto profilo, per una cinquantina di km, forse sessanta.
Il mio doping? L’avevo scoperto, un anno fa esattamente oggi. Certo, non efficace come quello, ma funzionava, e a me bastava, sono uno che si accontenta.
Morale?
Lens                    vs      Red
0:46 +                 vs      1:10 con ottimismo +
4:15 +                 vs      6:30 con ottimismo +
3:15 =                 vs      4:00 con speranza vista l’altimetria della bici =
8:16                    vs      tutta l’eternità, come l’inferno. (posto che…)
Quanta invidia… ma loro son fenomeni.