LONGO E' LO CAMMINO, MA GRANDE E' LA META - Brancaleone da Norcia -



martedì 31 maggio 2011

PAOLIZZARSI

Il maestro sostiene che mi sto "paolizzando"
Paolo è un ragazzo in squadra con me, è un nazionale di ultra (maratona), medagliato ai mondiali su distanza 24ore, vuol dire che tutti nella pista di atletica, pronti-via, il giorno dopo a quella stessa ora chi ha fatto più giri e quindi più chilometri ha vinto. Uno che alla prima di queste gare fa 232km, a Barcellona nel 2009. Uno che di “cazzate”, in senso sportivo, ne ha fatte a vagonate: dalla Marathon des Sables al tour du Mt. Blanc, il temutissimo ultratrail in montagna, la Paris-Brest-Paris, l'Ironbike, uno che le cinquanta e le cento chilometri di corsa sono avvicinamenti. Uno che va al lavoro di corsa anche a gennaio, con la pioggia a catinelle. Uno che la macchina ha 2000km all'anno perché se non è a piedi è in bici.
Ecco Paolo non è mai contento, a sentire lui non sta mai bene, non è mai in forma, c'è sempre un ma. Però fa allenamenti stratosferici, non sbaglia una gara e ha una testa, una tenacia da samurai.
Bisogna dire che, c'è chi avanza malpensieri di falsa modestia o di manie di protagonismo (relativamente a Paolo eh, sia ben chiaro, perché sono una brutta persona, ma non li ho proprio tutti tutti i difetti), mentre bisogna anche ricordare che c'è chi lo fa perché si perde, perde di vista il valore reale delle proprie "imprese". In effetti può succedere, specialmente perché io con gli altri tendo ad essere molto comprensivo, accondiscendente, aperto, mentre nei miei stessi confronti sono in po' più duro nei giudizi. Certo, non intransigente stile autolesionismo nipponico, però tendo a non essere mai del tutto appagato. Perfezionismo insomma, e questo concorre in maniera consistente a perdere la misura del valore assoluto di ciò che si sta facendo.
Ecco, il maestro sostiene che io mi stia un po’paolizzando, cioè, avendo perso di vista la reale misura di quello che sto facendo tendo ad annaspare nella convinzione che non sia mai abbastanza, sostiene che sia entrato ai margini nel vortice dell'insoddisfazione cronica.
Ha ragione.
È come nuotare in acqua libera, tu nuoti e fai tutto bene, vai anche forte, ma se non guardi ogni tanto dove stai andando poi rischi di trovarti in mezzo al mare tutto dall’altra parte di dove dovevi andare, per cui a volte mi devo ricordare di alzare la testa e guardare dove sono, controllare se sono sulla strada giusta….
Grazie maestro
Ci vuole qualcuno che ti vede da fuori e che abbia le palle di dirti sinceramente se ce la farai o no. A ognuno di noi serve un “maestro” o a volte basta ascoltare chi ci sta intorno, alzare la testa e ascoltare davvero, a testa aperta.
“secondo me hai tutti i numeri per farcela, anche se piove”.

mercoledì 25 maggio 2011

WILLY WONKA O TRAINSPOTTING?


Sono sicuro di sfondare una porta aperta con chiunque.
Chi è così equilibrato da riuscire resistere, o meglio, a non essere completamente sopraffatto dalle caramelle gommose? Io perdo il senso della misura, il senso della realtà, il senso del vivere per quelle alla liquirizia, le girelle, i pesci all’anice, le more, quelle all’arancia, ma soprattutto quelle ripiene. Quei maledetti tubi di pasta zuccherata di liquirizia ripieni di una non meglio specificata sostanza ad alto, che dico alto, assoluto potere assuefante, giallo, rosa, bianco…
Certo, le coca coline, le altre gommose in genere, le bananine… si, in quelle sono molto forte, ma a liquirizie sono atleta di assoluta caratura mondiale, roba da medaglia olimpica e inno nazionale.
Infatti è in quei frangenti che esce l’anima del “tossico” che risiede nella parte più ancestrale del mio io.
Pensate, da bambino, andavo nella panetteria, li in piazza, con il foglio da 500lire prima (son vecchio io, un anno più della morte) e, con maggiore disponibilità finanziarie, con fogli ancora più grandi, sempre più grandi, e, all’esosa cifra di 50lire il pezzo, ne compravo e mangiavo a sacchetti del pane interi.
Non avrei mai più smesso. Quella sensazione di dolcezza che si impossessa di te e che per un momento ti fa sentire pieno, soddisfatto, non vorresti essere da nessun’altra parte se non li e in quel preciso momento. Quel senso di soddisfazione, come non esistesse niente altro al mondo, come se tutto il resto non contasse nulla, solo lei, che ti fa stare bene, anche zitto, anche in silenzio, a guardare il sacchetto e a pensare che tra poco sarà ancora una volta tua.
Daresti la bicicletta perché non finisse davvero mai, e quando poi finisce, non vedi l’ora che sia ancora la prossima volta per tornare ad assaporare quelle sensazioni, quegli stati d’animo.
Sul sito della Haribo non c’è scritto dove vengano prodotte, ma a me non la raccontano giusta… magari le faranno anche in europa, ma le materie prime mi sa che vengono direttamente dal triangolo d’oro.



domenica 8 maggio 2011

SENZA PAROLE

venerdì 6 maggio 2011

I.C.E.

Ho una malattia brutta: l’insofferenza ai momentacci altrui.
Sviluppo il concetto: non sopporto quando le persone a cui tengo in maniera particolare vivono i momentacci.
I momentacci, capitano. Ce ne sono di tutti i tipi, certo, quelli a cui non sai dare spiegazione, o la nebbia che avvolge le cause è così densa che non le vogliamo o possiamo vedere. Ci sono quelli causati da eventi di cui conosciamo perfettamente natura ed entità e non vogliamo o possiamo prenderne misure. Poi ci sono i momentacci che obtorto collo si devono accettare per cause di forza maggiore.
Io non mi tengo.
Come ora mi piacerebbe davvero essere li, mica a “fare”, che tanto rischierei di non saper fare, mica a “dire” perché non ci sono migliori momenti per tacere, solo essere li. Come quando da bambino andavi alle gare o alle partite e ti giravi e tuo papà era li. Non importava che facesse tifo, non importava che facesse nulla, ma sapere che era li, girare lo sguardo e trovarlo.
Vorrei essere li, che solo lo sguardo ti regala tanta forza.
In tutti i modi
In Case of Emergency…..




martedì 3 maggio 2011

LA MIA FESTA


Presto compirò gli anni. Più vicino a quaranta che a trenta, paurosamente più vicino a quaranta che a trenta. Di solito sono momenti di bilanci, io però non uso farne, un po’per pigrizia, ma soprattutto per paura di guardare in faccia i miei fallimenti. L’autostima ne guadagna e l’ego cresce rigoglioso dandoti, come diceva il coach, una carica per affrontare la giornata, o più probabilmente non togliendotela.
Vogliamo non dare soddisfazione ai desideri di un povero vecchio?
Partirei da


passando per





e ancora


che così ci sta anche la bici.
Infondo però basterebbe















Materialista.
Anche. Perché il resto, le “non cose”, con tutta probabilità, non le puoi chiedere, te le devi meritare.
Chissà questo compleanno cosa mi porterà, quelli che mi fanno regali (coloro che ne hanno facoltà, autorizzazione), sanno ormai da tempo che non opere di bene ma piuttosto vil danaro, accompagnato da un presente “di significato”, certo sarò un anno più vecchio, ma non mi sento vecchio per nulla, nemmeno nel fisico, certo, forse i recuperi si dilatano un po’ma nemmeno poi troppo. la prendo con tanta filosofia sperando che i regali (e qui riemerge il pragmatico materialista) siano almeno pari a quelli dell’anno scorso. Quello di mia sorella che tra il resto continua a regalarmi vino pregiato, quello di mia mamma, che quasi scusandosi mi dice che non sa e che poi mi comprassi cosa voglio, ma che un presente me lo fa comunque, perché qualcosa che ti ricordi di me ci vuole sempre, quello di papà orso che in quelle occasioni li fa prevalere l’imbarazzo, poi, il piatto che ho ricevuto l’anno scorso, quello per il sushi. Meraviglioso. Semplicemente meraviglioso.
Aspetto con ansia la festa, come quella dell’anno scorso, che meraviglia, la più bella festa di compleanno della mia vita, questa insieme a quella dei miei tre anni.
Le bollicine sono in fresco (ce n’è da farci il bagno), il rhum… anche quello, vecchio e dolce, come me, è pronto. Spero di avere abbastanza fiato per tutte le candeline che se continua così mi conviene accendere direttamente il camino.
Aspetto la mia festa, le mie sorprese e tutte le emozioni, le risate e le lacrime. Già, anche le lacrime, quelle soffocate, ma del resto…
It's my party, and I'll cry if I want to
Cry if I want to, cry if I want to
You would cry too if it happened to you
(L. Goore)





lunedì 2 maggio 2011

POSSO DIRTI QUESTO

Mi è arrivata una mail, ieri sera, e pensando a come rispondere mi è venuto in mente solo questo modo, questo post.
La prima gara di triathlon. Era un traguardo soltanto il portarla a termine. Non tanto per la frazione a piedi, ma tutto l’insieme, non nuotavo da anni e rientrare in vasca … ricordo facevo blocchi da 250mt, dieci vasche in corta, cominciai con tre blocchi tre giorni a settimana, poi ne aggiunsi uno e alla via così.
Certo, già correvo, per cui l’abitudine alle gare ce l’avevo, eppure quello mi sembrava un traguardo, mettere in fila tre discipline e domarle tutte e tre.
Se ci penso ora, uno sprint. A uno sprint chiunque arriva in fondo, ma io questo non lo sapevo o forse, più probabilmente, non lo volevo credere, perché togliermi quella piccola grande conquista.
Lo ricordo. Il primo. Un traguardo vedere la scritta arrivo, non importava il tempo, solo arrivare infondo.
Fatto il primo poi sono venuti gli altri. Come mi sembrava tanto allora: un piccolo sprint, come il primo anno di una storia d’amore, come il primo anno di tuo figlio, come il primo anno da quando non c’è più tua mamma. Poi però la voglia di continuare, perché nonostante la sofferenza degli allenamenti, il tempo investito nel prepararti, il patimento della gara, ti rendi conto che ora che hai provato, sai. Sai che difficilmente potrai farne a meno.
Il primo di tanti, perché nonostante faccia male non c’è nulla di più bello, lo odierai, ti domanderai tante volte chi te l’abbia fatto fare, eppure in quei momenti, quando dopo la gara ci pensi… sorridi e dici “il prossimo?”