LONGO E' LO CAMMINO, MA GRANDE E' LA META - Brancaleone da Norcia -



martedì 29 marzo 2011

L’ESPRIT DE L’ESCALIER

“Volete sapere perché scrivo? La vera ragione, la più asciutta, quella proprio inoppugnabile al netto di ogni chiacchiera? Ve la dico: per avere il tempo di dare la risposta giusta.
Il mio problema è che manco di prontezza. Ecco perché detesto i miei pensieri. ...
… la risposta che devo dare mi viene sempre quando torno a casa, precisamente nell’atto di infilare la chiave nella serratura del portone. È allora che mi appare davanti agli occhi, ma proprio come se la vedessi, compatta, essenziale, musicale e d’impeccabile logica, che impedirebbe qualsiasi tentativo di replica. E a quel punto mi mangio i gomiti perché non posso certo alzare il telefono, chiamare la persona che ha vinto il mach dialettico e dirla “hei, a proposito di quella nostra discussione, vorrei aggiungere che…”. Non vale.” (V. Malinconico)
Inoppugnabile, splendida, magnifica descrizione di quello che i francesi, sono bravi questi francesi, chiamano “esprit de l’escalier”, ovvero quella risposta che ti viene quando già stai scendendo le scale per andartene.
Ieri una amica mi ha scritto questo in risposta ad un mio messaggio dove elogiavo il fatto di non averla mai colte o vista in difficoltà, sempre con la risposta giusta, sagace, sottile, intelligente, mai volgare: “fidati, dal vivo succede molto spesso”.
Tutto questo mi ha fatto pensare al mondo del blog: quanto è più facile della vita reale: fai un errore? Tastino per cancellare e l’errore non c’è più. Un commento? Aspetti un momento, anche due, forse tre e vedrai che la risposta “giusta” esce fuori. È il dilatare per quanto vuoi il famoso “conta fino a dieci prima di parlare” che puoi trasformare in cento, in mille, in un caffè al bar, anche in una riunione di lavoro. È una truffa.
La vita vera non è così: devi esserlo. O ci sei o languirai per le scale tutta la vita e senza nemmeno i gomiti.
Questa è una “dote” che non si può millantare.
A me si è accesa la scintilla per la donna di cui mi sarei poi innamorato, perché a una mia domanda, lei mi sorprese. Perché bisogna dire che a una domanda si può rispondere in quattro maniere: una risata di circostanza perché non si è capito, una risposta che non c’entra nulla, fondamentalmente per la stessa ragione, per cui la risposta sbagliata; poi c’è la risposta pertinente, magari anche intelligente, ma scontata, quella che ti aspetti daranno e nella migliore delle ipotesi la daranno, stanne certo. Poi c’è la risposta intelligente, pertinente ma soprattutto inaspettata. Quella che ti coglie piacevolmente di sorpresa Questa è la scintilla che fa accendere la mia benzina. Ognuno di noi ha la propria, per ognuno di noi è diversa perchè ognuno di noi è benzina alla sua maniera, inerte fino a quando non interviene un evento a mutarne lo stato. Per me è quello; è la risposta giusta. Perché è intelligenza, è spirito, è quello che anche tutta la cultura del mondo non ti può dare, è classe.

Ah! E io, perché scrivo? Non so. So che non è uno sfogo, ecco, quello lo so. Ma volete che vi dica? Non mi frega di saperlo. L’unica cosa è che mi diverte.



giovedì 24 marzo 2011

CONSAPEVOLISMI analisi del risultato

Non so scrivere.
Bella scoperta. Geniale! E… qualcuno ha avuto la bontà di regalarti questa perla o ne hai avuto la rivelazione in sogno e magari ora sei pure incinto?
In effetti me ne sono accorto grazie ai commenti, grazie alle mail che mi arrivano da alcuni di coloro che leggono le quattro panzane che continuo a scrivere qui sopra.
Non mi riferisco al lessico, alla grammatica, alla proprietà di linguaggio, alla terminologia. benché carente anche in quelle,  mi riferisco al fatto che non riesco a comunicare quello che intendo dire.
Mi spiego: scrivere è comunicare, e comunicare significa far capire intellegibilmente, senza ombra di dubbio il proprio pensiero. In soldoni : devi farti capire senza possibilità di fraintendimenti. Se non ci riesci non stai comunicando un bel niente per cui è un fallimento, stai solo imbrattando carta (byte nel nostro caso). E non mi do nemmeno l’alibi del fatto che il lettore non coglie lo spirito dello scritto, perché se chi ti legge o chi non ti ascolta non capisce, è colpa tua che non ti fai capire.
Non ho scritto queste righe per avere consensi, per cui prego evitare i “ma no, ma dai” di circostanza. Vorrei, se mai, che fosse il concetto di fondo ad essere commentato.



lunedì 21 marzo 2011

L’INVIDIA L’È ‘NA BRÜTA BESTIA

Capita a tutti di ritrovarsi avvolti da un senso di sordo ed ovattato fastidio diffuso. Si, direi fastidio, perché non è un malessere, non è niente altro che non un senso strano di … non so descriverlo. Sono quei momenti quando i bambini fanno i capricci e non si sa perché, perché nemmeno loro lo sanno.
Non mi piace quando è così. Infatti normalmente che si fa? Ci si rivolge a qualcuno, un amico, si perché poi ce l’abbiamo quasi tutti qualcuno a cui rivolgerci.
Non parlo di quelli che ci rassicurano e ci dicono che andrà tutto bene, ma di quelli “scomodi”, che magari li per li ci sembra ci trattino un po’male, ma che poi sotto sotto, torto mica ce l’anno.
Parlo di quelli che analizzano il tuo stato in maniera razionale: “beh? E che hai? Sei sano?” “si, ma” “ma che?, hai un lavoro? Una casa?” “ecco, appunto, si, però…” “però sta crollando? Hai due soldi per comprarti del cibo e qualche svago?”… e vanno avanti così, in maniera razionale e sh sh scientifica.
Ecco. Io invidio maledettamente questo dannato pragmatismo, lo vorrei io. E non è che ci diventi, o ci sei oppure ciccia. Dicevo, invidio quelle persone che affrontano le cose in questa maniera: la vita non le logora. Pare che loro quel senso di fastidio di cui sopra, non lo abbiano mai nemmeno immaginato. Lo tollerano da noi perché magari amici o semplicemente per educazione, ma loro, inamovibili li fermi e dritti come una vecchia quercia inglese, solidi come una montagna di granito.
Io credevo di essere così, poi però si è insinuato in me il germe del dubbio che va estirpato, come il peggiore dei virus, senza pietà alcuna.
Quindi ora, nella lista delle cose da fare:
spesa
tagliando auto + sostituzione gomme invernali
lungo di bici
ritrovare pragmatismo e estirpare il dubbio
pulizie di casa
vi invidio maledetti, come vi invidio.
Nota per i cortesi lettori: lo spunto viene da un libro che sto leggendo.



venerdì 18 marzo 2011

GIRO

Stamattina ho visto il sole (che non è ho visto la luce). Dopo sette giorni ininterrotti di diluvio che prendevano il posto di nevicate, oggi è sereno.
Visto che ho ancora dei giorni di ferie dell’anno scorso da “sprecare” e  se non ne usufruisco entro marzo li regalo.
Visto che non mi sembra il caso
Visto che sto scrivendo come in un atto amministrativo e questo non è bene.
Stamattina ho fatto vacanza e….

esatto, prendo la mia bella carbonella, la tiro finalmente giù dal trespolo, via le ruote da rulli e partenza. Giro in bici. Finalmente.
Vizi...

mercoledì 16 marzo 2011

'O PAESE D'O SOLE CHE RIDE

“Io ho due genitori disperati a casa che non vedono l'ora che torni, i voli difficilmente costano meno di 2600 euro.... ma l'ambasciata mi intima che se voglio uscire dal paese, il costo del viaggio sarà totalmente a carico mio....”
È uno stralcio di una lettera aperta scritta ad un noto blog da parte di tale Serena Bertozzi, ora in Giappone, a 250km dalle centrali nucleari.
Ricordo ancora la campagna per il referendum, era l’ottantasette, millenovecento naturalmente, anche se son anziano, non così tanto, mi ricordo degli adesivi col sole che ride, mi ricordo che vinse l’idea generale che il nucleare non fosse la soluzione. Vinse il partito dei “si” perché anche qui se vuoi dire no devi dire si e viceversa (mica li faranno delle donne i testi dei referendum).
Ora torniamo alla carica. Ora. Quando anche i perfetti giapponesi si sono trovati nei guai, vero, per una catastrofe immane, di livello assoluto, ma pure i giapponesi. Quelli della perfezione, quelli che si suicidano perché non è venuto perfetto. Quelli che in questi giorni non una lacrima in una dignità stoica insuperabile.
Vi immaginate una centrale nucleare gestita da italiani? No? Ecco, la versione con i baffi di Homer Simpson.
Gli stessi che appalteranno le centrali ai loro amici di Impregilo, metteranno Simpson ai comandi perchè è imparentato con Alemanno, e se non mettessero lui, mancheranno i materiali, ci saranno altri problemi. Acerra docet.
Serena, ma che cavolo torni a fare? Meglio un Giappone con l’energia razionata che un’Italia al tracollo ma con la fighe all’isola.  



martedì 15 marzo 2011

PIEZZ'E CORE

Essere genitore cambia la vita. Cambia il modo di percepire il mondo.
Prendete il post che ho pubblicato ieri: io volevo che si parlasse di se stessi. Mi sarebbe piaciuto che ognuno di coloro che si fossero cimentati nella lettura lo avessero fatto come individui, non come genitori. Invece i commenti sono stati tutti in quanto mamme.
Traspare quindi che l’essere genitore ti entra dentro. Ti cambia dentro. Diventi prima genitore e poi persona. Prima genitore e poi qualunque altra cosa, persino prima genitore e poi marito o moglie, individuo.
E attenzione, è comprensibile, è l’istinto, è la natura, non sto dicendo sia sbagliato, deprecabile.
Solo intendo fare un’osservazione: i figli so’piezz’e core, e infatti quanta gioia e quanta preoccupazione, quanta allegria e quanta sofferenza danno, ti prendono tutto, anche te stesso che non esiti a dare. Questo. Semplicemente un’osservazione. Una semplice cruda cinica analisi scientifica basata sull’osservazione empirica.
Io non so. È vero, ma del resto chi nasce “imparato”? e che cosa ho visto? Che cosa traspare? Che al momento di fare una qualunque azione prevale l’essere genitore. Non si è più Tizio, ing. Caio, dr. Vattelapesca. No. Si è padre di Marco, madre di Elisabetta e Evaristo. Non più persone che di tutto siamo fatti, ma solo genitori.
Ripeto, giusto o sbagliato non mi interessa, è cronaca, è descrizione. È analisi.
Questo forse giustifica il fatto che quando ci sono bambini non si parla d’altro, sono il centro di ogni discorso  e se non ne sono il centro ne vengono comunque tirati in mezzo, state parlando dell’ultimo differenziale a controllo elettronico montato sulla Lamborghini? State parlando delle nuove ruote da bicicletta ad alto profilo, leggerissime? State parlando di quella “gnocca” passata poco fa? Dell’ultimo film al cinema, del libro che avete sul comodino? E intanto si trova il modo di parlare di figli. Infatti, se fate caso, quelli che non li hanno vengono emarginati, anche non volontariamente, ma di fatto è quello che accade. I discorsi monotematici, le disquisizioni semantiche su cosa avrà voluto dire l’ultimo gorgheggio, se nonno, scimmia o più verosimilmente solo gnenghhgnna, le gare a spararla più grossa per chi ha il figlio più intelligente, sveglio: il mio a un anno ha mandato a quel paese la tata!, il mio? Uff!, a un anno emmezzo riconosce le persone dandogli sonori calci nelle caviglie e al nonno? Anche gli schiaffi!  Ahahaha il mio? Se non è aragosta del Maine la sputa e urla fortissimo fin che non diventa tutto blu. Incredibile come la riconosce! OOOOOOOOHHHH. Ti quindi toglie il raziocinio? il senso critico? La capacità razionale di stabilire dei confini?
È esattamente come quando si tornava in licenza da naja e si parlava come degli idioti, coma in caserma, e si parlava solo di quello. È come quan È come quando vi invitano a vedere le foto delle vacanze, ma che cazzo, hai sedici pose di lei sull’elefante… e poi in vacanza ci sei stato tu, a me che mi frega di vedere quanto ti sei divertito tu mentre io stavo qui a lavorare? Mi facessi almeno vedere le foto di qualcosa di serio, ma in tutte c’è lei. Lei in primo piano davanti a quella splendida costruzione bauhaus, Lei di fronte a quella magnifica villa di Le Corbusier. Lei che fa la foto “ironica” tenento tra le due dita il taj mahal.
Sono intimamente convinto che tanti abbiano fatto figli non per reale desiderio, non per un senso autentico di maternità o paternità, ma per senso di appartenenza, per timore di perdere la compagnia di amici. Nella provincia questo e altro succede.
Ho divagato. Troppo. Ma il succo del discorso è semplice: essere genitore è inconciliabile con tutto il resto?


lunedì 14 marzo 2011

L'AMORE AI TEMPI DELLA PESTE

Ora, anatema sul social, novella peste della società!?
Facciamo di no. Ne anatemi, ne difese. Uno strumento è tale e ne prende un uso buono o meno soltanto attraverso chi lo usa. Non è sotto processo ne tantomeno deve garantire, per cui lo facciamo uscire di scena subito.
Devo però parlare di questa notizia: A 14 anni in fuga d’amore e la voglio vedere da dietro.
Non dalla parte dei legittimamente preoccupati genitori di tutti e due, si, perché i giovani romantici sono della leva (non calcistica, almeno non lei) del 1996, non dalla parte delle forze dell’ordine che sono in allarme ma probabilmente non serio fin quando non subodorano qualcosa di tragico, non dalla parte dei rapaci mezzi di informazione che seguono, chi più chi meno, con ferocia la vicenda confidando segretamente in un caso di cui scrivere per vendere. No. La vedo una tantum dalla loro parte, da quella dei protagonisti di questa sciagurata novella fuitina.
Vero, ho quella parte del corpo che sta tra le due teste dell’uomo che è un tantino diciamo predisposto di questi tempi (in verità “questi tempi” durano da un po’), però non posso veramente fare a meno di pensare a questi due ragazzi.
Il coraggio dell’incoscienza o meglio, l’incoscienza da il coraggio per “imprese” di questa levatura, ma quattordic’anni! Per gli dei, quattordici! A trenta, quaranta, racconteranno, magari alle cene con gli amici che ancora non sanno, “facciamo a gara di stronzate? Io ho bevuto una bottiglia di grappa di un fiato una volta, ooooooohh; io ho fatto il record di impennata con la moto, quattro km su una ruota sola! Ooooohhhh, abbiamo fatto un posto di blocco finto spacciandoci per carabinieri in borghese e abbiamo fermato il maresciallo del paese a 10km oooooooooohhhhhhhhhh (questa è dura eh); io a quattordici anni sono scappato/a di casa con la mia morosa di facebook di allora per n. settimane con neanche cento euro tra due e siamo andati al mare… Vinto! All’unanimità, vinto!
Si. vinto senza dubbio. (anche se quella dei carabinieri….)
Per come la vedo io, vi invidio ragazzi e faccio il tifo per voi con tutto me stesso, anzi, mi piacerebbe mi stessero leggendo, mi piacerebbe rendermi complice di questa cosa, mi piacerebbe darvi una mano, mi piacerebbe veramente tanto fare in maniera che questa cosa vi porti il più vicino possibile all’avventura che vi ricorderete per il resto della vita.
Avete tutta la mia comprensione, tutta. Il più bel viaggio che potrete mai fare. Parlo di tutto, parlo di quando siete partiti per questa avventura, conoscendovi, poi amandovi in questa maniera e poi… poi … poi questo. Avete tutta la mia invidia.
Vi invidio. Con tutto me stesso, un invidia sana però, la stessa che hai nei confronti di chi ha avuto “l’esperienza”, quella che avresti voluto fare tu ma a te per una ragione o per un'altra non è stato dato. Anzi, c’è una cosa che non vi invidio: il culo assoluto che vi spaccheranno quando vi pescheranno.
Ah, ancora una cosa: vediamo di fare in modo di raccontarlo che altrimenti tutto il mio sproloquio elogiativo va a farsi benedire. 

mercoledì 9 marzo 2011

UP




Gran film, molto ben fatto, ma sopra ogni cosa è splendida l’idea di trasportare la propria casa in un altro luogo attaccandola a centinaia, migliaia di palloncini è semplicemente qualcosa di magnifico.
Cartoni?
No!
SI – PUÒ - FAREEEEEE!
Lo dimostra l’esperimento del National Geographic Channel in combutta con ingegneri, piloti di mongolfiere e altri eminenti personaggi (mica Totò e Peppino), e documentato da tanto di video su Youtoube!
Trecento palloni da due metri emmezzo di diametro l’uno e il gioco è fatto, il sogno è realtà. Una casa si solleva da terra, e nemmeno di poco: fino a ben tremila metri.
Non potevo non scrivere di questa cosa. Conferma. Si tratta di una vera e propria conferma di tutte le mie teorie: niente è impossibile, niente. È il postulato del “parcheggio”.
Ora, a parte questo, cerchiamo di essere “scscientifici”: mi serve un terreno edificabile nel posto che dico io, una fornitura di elio sufficiente e taaaanti palloni. La casa ce la metto io
Archimende aveva bisogno di un punto di appoggio e una leva per sollevare il mondo, ora con tanto elio e palloni in quantità possiamo anche fare a meno di fulcro, braccio e newtonmetri. È oltre persino l’incontro di Benigni e Troisi con Leonardo Da Vinci: “la gente può andare a piedi o a cavallo, non è vero, c’è anche un altro modo: il treno”
Comunque, stando così le cose, ora aspetto che si stabilisca a casa mia una gnocca aliena in costume tigrato, oppure, alzando gli occhi al celo, mi aspetto di veder passare il Mazinga. (anche se preferirei più la prima però).
Questa cosa mi ha “sollevato” il morale, davvero. Questa cosa mi ha fatto sorridere il cuore.

“If you can dream it, you can do it.” W. Disney

AGGRATIS

Cito testualmente:
“… I greci hanno lanciato il movimento "Non ti pago!". Una rivolta del portafoglio che parte dalla disobbedienza civile, e sta diventando rivolta vera e propria. Le automobili passano ai caselli autostradali senza fermarsi a pagare il pedaggio, le biglietterie della metropolitana vengono sigillate da buste di plastica, persino i medici aiutano i pazienti a non pagare i ticket per le visite ambulatoriali. Tutto è partito da un'iniziativa di pendolari che hanno bloccato un casello dell'autostrada ad Atene, e ora l'aggratis generale si sta diffondendo per tutta la Grecia. Gli attivisti dichiarano che i cittadini non hanno alcuna intenzione di pagare il prezzo della crisi causata dalla corruzione e dal malgoverno, e dopo i drammatici aumenti delle tasse e i tagli a stipendi e pensioni da qualche parte devono pur risparmiare. …
Fonte BLOGOSFERA
È troppo seria per non farmici una risata su. L’unico peccato è che le idee migliori vengono sempre agli altri, mentre a noi che resta?
Sentiamo cosa presentano. Comunque passerà” U.Bossi a proposito dell’”epocale” riforma della giustizia, ieri.

lunedì 7 marzo 2011

UNA GIORNATA PARTICOLARE

Per chi non lo conoscesse è un film interessante: Ettore Scola dirige un Marcello Mastroianni in un ruolo strano, evidentemente fuori posto in un'Italia fascista. Convintamente fascista, convinta di quel fascismo che “inconciliabile con la fisiologia e la psicologia femminile, il genio è soltanto maschio” e una Sofia Loren anche lei fascisticamente sottomessa Di mamma ce n’è una sola”, “una rifà le stanze, l’altra spiccia la cucina e la terza, che sarei io, si rificca a letto a dormì”. Volutamente non bella, magra, sciupata, ciabattata, con le calze smagliate, contro invece un Marcello Mastroianni leggermente imbolsito, ma curato nella sua giacca con pochette, perfetta, in quell'appartamento pieno zeppo di libri. Il tutto si svolge sullo sfondo della visita di Hitler e della sua bella cricca di amichetti nella primavera del ’38, triste presagio di una orribile catastrofe, in uno spettacolare grande condominio razionalista, tipico dell’architettura fascista, completamente svuotato per la “parata” in onore dell’alleato germanico. Al di la della storia, che meriterebbe un post a parte, al di la della fine fotografia che va a pescare dei pezzi, come la beretta col manico PB, volevo parlare di altro.
Volevo parlare di pietà: di azioni fatte per pietà, perché si comprende che in quel frangente è la cosa giusta da fare.
Cosa me lo ha fatto venire in mente? La Loren si perde in un Mastroianni intellettuale, gentile, che le fa anche complimenti, lei che A una ignorante come me le possono fare qualunque cosa, perché non c’è rispetto. Come una pezza. Trattata come una pezza”. Ma si perde in un personaggio scomodo, affascinante, lei, il prototipo di casalinga fascista, casa e figli; dicevamo, affascinante, ma scomodo al regime perché omosessuale e per questo viene allontanato dal suo lavoro di annunciatore radiofonico e verrà confinato in Sardegna.
Si. Un uomo sensibile, troppo per quei tempi, di cui non può che perdersi e lui che proprio per quella sensibilità capisce.
Una scena struggente, di compassione.
Resta un libro, I Tre Moschettieri di Dumas, di cui lei probabilmente leggerà qualche passo ogni giorno, nel ricordo di chi le ha dato un assaggio di vita diversa: “Con lui non è mai stato così. Non pensavo che era così”.
Si. Di questo film emerge la compassione di una scena di passione a metà, perché qui, tra la passione e la compassione c’è “solo” la sensibilità di una scelta umana.
Una scena coraggiosa che mi ha portato una volta di più una nota di malinconia verso i tempi in cui questo cinema.

“finisce sempre che ci adeguiamo noi alla mentalità degli altri, anche quando è sbagliata”.

VENDESI

venerdì 4 marzo 2011

INFORMAZIONE PLAUSIBILE che speriamo funzioni

CLICK

a me ha fatto ridere il notiziario plausibile: ascoltatelo cliccando su preview...

INFORMAZIONE PLAUSIBILE