LONGO E' LO CAMMINO, MA GRANDE E' LA META - Brancaleone da Norcia -



martedì 30 agosto 2011

ANALISI 3 prima lezione

Partire è un po’morire, ma quanto?
Vediamo se riusciamo a tirar fuori un teorema per quantificare la dipartita provocata da una partenza?
Vediamo, allora, mi pare si facesse così.
DATI:
cosa lasciamo qui? Beh, partirei dalla casa, ma considerato che la casa è dove è il cuore, o viviamo in un caravan o lasciamo il cuore a casa, ora capisco il vantaggio di essere nomadi. Questo comporta un dolore non indifferente: pensate all’intervento chirurgico per separarsi da un muscolo così fondamentale, perché possiamo anche inserire una pompa meccanica, sarà tuttavia sempre un surrogato.
Cos’altro lasciamo? Direi gli amici. Questo è un altro serio problema perché se è vero come è vero che chi trova un amico trova un tesoro è vero il contrario, se lo lasci, lasci a casa un tesoro, e se te lo rubano? Bisognerebbe magari sotterrarlo, come facevano i pirati che poi però sbronzi di rhum non si ricordavano più il luogo esatto, anche perché le stesse mappe erano disegnate dal meno sbronzo di tutti, ma se le mappe a oggi non portano a nulla mi sa che tanto sobrio non era nemmeno il cartografo.
Poi? Lasciamo il lavoro. E questo può non essere male, certo, per chi vive di e per quello è un altro bel dramma, dover spegnere il telefono di lavoro… c’è chi è in analisi ancor oro per il solo blackout obbligatorio per la sola durata del volo.
Ancora, i vicini rompiscatole? Quelli che alle sei meno un quarto fanno partire la moto da cross targata, la fanno scaldare quindici minuti e poi partono nel momento stesso in cui suona la tua sveglia spogliandoti ogni mattina di un prezioso quarto d’ora di sonno?
Le giornate come domenica, dove ci sono quasi tutti quelli che vorresti li accanto a te a fare il tifo, a condividere i momenti belli e quelli brutti, una di quelle domeniche di sole che non finiscono appoggi la testa sul cuscino, che ti lasciano quel qualcosa dentro. Lo stesso che vedi nello sguardo di un alpinista che guarda una cima con cui ha combattuto e l’onore che ha dimostrato l’ha convinta a concedersi. Lo stesso che probabilmente avrete alla fine di una giornata di fine estate, una delle ultime che passate al mare, quella luce caratteristica, quel blu intenso del celo e quel giallo riflesso che fa brillare tutti i colori ma li rende contemporaneamente un po’più scuri. Non è malinconia, è la soddisfazione di una giornata che ha meritato di essere vissuta. Le giornate dei saluti alle persone della tua vita e che quando sono andate via ti vien da piangere.
Poi le variabili condizionate dalla tipologia del viaggio, certo se parto per sei mesi di lavoro su una piattaforma petrolifera nel mare del nord o in una centrale estrattiva del gas nella Siberia più nordorientale o ancora per una raffineria nel mezzo del deserto del Sahara è un conto, ma se la meta è una vacanza nel periodo giusto..., o ancora dalla compagnia: metti che ci vado con un rompiscatole, musone, misantropo, maniaco ossessivo compulsivo o nevrotico ansioso, eh, diventa un soggiorno alla Cayenne (non il Porsche, l’isola prigione in Guayana).
Insomma, i dati più o meno ci sono. Vediamo di capire tra loro come relazionalrli
Direi

M: quantità di morte nel cuore

C: casa
A: amici
l: lavoro
V: vicini e affini, compresi parenti noiosi fatti di suocere ecc.
d: giorni buoni o meno buoni
n: Variabili di viaggio già ponderate

M=[2(C*A)*1/l-V^3]/2(1/d*n)^2

provate ad applicare e ditemi se può andare.
Comunque, un segreto: io non devo partire, ma ora come ora ho un serio problema con una tutta vestita di nero con un arnese agricolo in mano. Maaagra e mi fa dei segni strani.
Buone vacanze.


mercoledì 24 agosto 2011

GENTE DA PISTA ovvero, ecco chi te lo fa fare al campo d'atletica con queste temperature

In pista si fanno strani incontri e anche nella più desolata delle “rotonde” di tartan, rischi di trovare lo spettacolo.
Ieri torno al Campo dopo la pausa estiva, del campo naturalmente. Ero al telefono e dopo solo pochi passi vengo ripreso ironicamente ma in maniera stizzita dall’altro capo della comunicazione da chi mi apostrofa su per giù in questa maniera: “hai fatto? No, perchè altrimenti ci risentiamo quando hai finito…..”.
In effetti ero incantato a guardare un gesto atletico meraviglioso. Allora, chiariamo che non si trattava di gnocca come già state pensando, maliziosi. In pista c’era Elisa Rigaudo, bronzo olimpico a Pechino sulla 20km di marcia, e vedendola far “ripetute” li al campo mi sono incantato. Un movimento così sinuoso, così flessuoso, non da impressione di potenza, in essuna maniera, fino a quando non si avvicina e vedi ogni muscolo tirato. È una meraviglia, sembra di sentire suonare la filarmonica di wienna, non che l’abbia mai sentita, per carità, ma è esattamente il paragone che mi è venuto in quel momento. Le movenze eleganti della vipera del deserto che sulla sabbia rovente non lascia che poche curve leggere nonostante la velocità. Ho visto gente correre, anche forte, ma forte per davvero, ho visto personalmente Powell fare sotto 10” sul cento, a Montecarlo, ho visto i tremila in pista. Ho visto correre Ghebre, ma non avevo mai visto “camminare” a quella velocità. Non so a chi di voi dirà qualcosa, ma camminare a 4’15”/km per 20km vi dico che è proprio forte, e che buona parte dei sedicenti "corridori" della domenica avrebbe dei seri problemi a tenere anche correndo tale velocità.
Poi, riscaldamento finito e chi c’era? Uno che comunque siamo molto più abituati a vedere, ma che è forse più entusiasmante ancora, perché giovane.
Binco, alla storia come Josè Reinaldo Bencosme de Leon, quattrocento ostacoli, nemmeno diciottenne o appena tale, una vera promessa dell’atletica italiana.
Questo invece va visto perché non è possibile spiegare, la velocità più pura, il “giro della morte” come viene chiamato il 400, ma a lui non basta, lo vuole più difficile, lui vuole gli ostacoli, e li vola con un eleganza unica. L’ho guardato ieri, l’ho visto fare un trecento e sono rimasto incantato. Ostacoli “da grande”, 91 cm e più, e vi garantisco che sono alti, che vengono volati così, come un marciapiede. Tredici passi e uno solo un po’più lungo, con un movimento che pare così naturale da non dare l’idea quasi di fatica. Ma la partenza, espressione pura di potenza, ogni parte del corpo si muove sfruttando tutti i muscoli, ogni movimento è studiato, al millimetro, nulla di superfluo o tantomeno controproducente, nemmeno i movimenti che sembrano casuali, ogni gesto, al contrario della corsa invece che dopo i primi passi diventa leggera, filante, ma incredibilmente proficua. È velocissimo, arriva in un nulla sotto l’ostacolo e i primi che affronta ti lasciano in apprensione, temi che sia “corto”, troppo in anticipo, invece è perfetto, un volo più che un passo e l’ostacolo è dietro le spalle e di li, altri tredici e poi ancora uno e alla via così fino al traguardo in una meravigliosa danza potente.
Guardare i fenomeni da una sensazione strana, che va oltre l’invidi, sempre quella buona eh, è un misto di stupore e ammirazione, ti sembra talmente bello e semplice che ti convinci che se ti ci metti, anche adesso, puoi farlo anche tu. Beh, non è così e loro sono fenomeni veri.
Tra poco ci sono i mondiali di atletica dove Elisa dovrebbe marciare e Binco, che testa, è veramente di una simpatia contagiosa, andrà a Zurigo. All’interno della “Diamond Ligue” ci sarà una gara per gli under 23, liu che nemmeno 18anni o forse appena a poco più di mezzo secondo dal minimo per le olimpiadi, a 2 secondi da quelli veri li inmezzo a quelli veri, sullo stesso tartan di un certo Bolt, l’uomo più veloce di sempre.

MR.RED THE MAGICIAN

è una delle cene a cui ho partecipato con più piacere in assoluto. La metto serenamente sul podio.
Si perché ieri sera tutti insieme invitati chez Pm per una cena. Ricordate? Pm, il protagonista del capodanno, ma si, ne scrissi, MR. RED L’ALTRUISTA , ricordate?
Ho il brutto vizio di partire sempre dal mezzo per raccontare. Dunque, mettiamo un po’d’ordine.
Ai miei quattro amici, quelli a cui sono più legato, non quelli che ho momentaneamente lasciato perché la vita ci porta per strade diverse, ma quelli con cui condivido molto, gioie e sofferenze di un mondo complicato come quello sportivo, si perché noi lo sport lo facciamo per ridere, ma poi non è che si ride proprio sempre. Dicevo, ai miei quattro amici, regalai, era il lontano natale 2009, una bottiglia di champagne cadauno. Su ogni etichetta scrissi una dedica.
Ad Alex che sarebbe servita per festeggiare Kona, il campionato del mondo di ironman. A luglio 2010 Alex a Zurigo centrò lo Slot per Kona.
Al Maestro scrissi che sarebbe servita per festeggiare, l’anno dei suoi 40, i centomila chilometri di corsa. Obiettivo centrato a fine novembre.
A Bicio scrissi, l’anno del debutto nelle lunghe distanze, che serviva come rampa di lancio per la ciucca del dopomezzoironman. Manca la ciucca, ma il mezzo lo fece a Candia.
A Pm, scrissi che la sua sarebbe stata da bere in compagnia di una donna che lo meritasse.
Ieri sera, come già detto, cena. C’era Alex con la spalla rotta (addio mondiale di mezzo a Las Vegas), c’erano i bimbi ora non più tanto perché il grande manca solo più che ci suoni di corsa poi è già più forte in tutto, c’era Bicio che come al solito mi butta li cose e mi sconvolge i piani, beh, c’ero io accompagnato in spirito, e poi naturalmente Pm con la signora Pm, non la Boccassini eh.  Si, perché Pm è tendenzialmente un tantino “rigido?!”,  si, non esattamente integralista, ma diciamo molto conservatore, per cui restio al cambiamento, per cui a lui non è bastata la magica bottiglia, no, lui ha voluto un capodanno tutto per lui e auguri sinceri che la trovasse la “sua” felicità. È stata dura, ma alla fine la magia RED ha fatto il suo corso.
Meraviglioso, guardavo ieri sera la novella signora Pm, scalza, mi ricordava qualcuno, con quel suo modo di fare elegantemente lento, la sua voce bassa che ti obbliga a prestare attenzione. Vestito leggero e scuro, muoversi sicura per casa, poi guardavo lui, meno elegante, in effetti va detto che in quello difetta un poco, ma non importa, mica tutti possono essere maestri di buon gusto e di modestia come me. Dicevo, guardavo lei, guardavo lui, e guardavo tutti e due. Guardavo gli altri amici e alla fine un ghigno ironico mi ha rigato il volto: “Bel lavoro Red”, perchè mi sorride l’idea di aver messo un po’ del mio spirito a far si che tutto questo riuscisse. Mi serve. Ora aspetto la mia, vediamo se vale tanto, visto ci ho investito su una discreta cifra….





martedì 16 agosto 2011

ONORE AI VINTI

Do dolorosa notizia della prematura dipartita di un compagno di allenamenti, di più, di un fratello.
Anni vissuti faticosamente, duramente, condividendo allenamenti intensi, al caldo più torrido e umido come al freddo più pungente, sotto la pioggia, nella nebbia, sotto la neve. Le gare, vittoriose come le più sofferenti.
E di colpo, mi lasci così, solo, per le strade del mondo senza più i tuoi riferimenti, senza più la certezza di averti li.
Seppellirò le tue ceneri la dove anche i campioni hanno calcato i passi, perché questo meriti.
Addio amico mio. Le lacrime del guerriero che perde un compagno d’armi, quelle che non vedi ma che rigano come stille di sangue rovente il volto già segnato di chi come noi ha sofferto.
Addio compagno di mille battaglie, sopravvissuto a ben più cruente guerre per cadere in quell’ameno specchio d’acqua salmastra.
Ti porterò nel cuore, al polso, per sempre.

DI SOLDATINI E ALTRI CAPRICCI

Questo finesettimana mi ha lasciato l’amaro in bocca.
Vedo già i sorrisetti maliziosi e curiosi sulle vostre facce. Pettegoli!
E invece è così.
Io adoro la classica grigliata tra amici, non in se per il cibo, che è buono, ma per quello che è l’ensemble della festa, il contesto per intenderci. È da quando mi facevo le uscite lunghe in bici di allenamento per l’ironman e poi durante le granfondo ciclistiche, gare di lunga distanza anche oltre i 150 km, sovente con notevoli dislivelli, dove passi in certe ore del giorno e senti quel profumino e tu sei li che hai pasteggiato a barrette gusto “cacca”, che per buone che siano alla terza non ne puoi più, che ho quella “voglia” da puerpera di grigliata mista accompagnata da verdurine, formaggi, vino e magari qualche birra. Sono persino disposto a far da chef e spargere il mio intingolo speciale su un intero costato o su un filetto anche lui tutto intero, o su qualche costata tagliata bella spessa, su qualche aletta di pollo, in quanto chef, curarmi il pezzo migliore e…. naturalmente l’aperitivo lungo, perché lo chef da brace vuole tanta benzina; accanto al fuoco si sa, si perdono molti liquidi e tocca reintegrare.
Divagazioni.
Voglia di grigliata, dicevamo e più volte palesata. Per cui mi era stata promessa una microgrigliata durante il finesettimana. Ecco, sono stato deluso. Si, deluso. Mi era stata promessa, già ridotta peraltro a una entrecote francese che per buona e grande non è che un blando surrogato del menu Flinstones che intendo come grigliata, e non l’ho avuta. Causa le sopravvenute questioni tecniche (sforato i tempi causa allenamenti N.d.R.), niente.
Letta la mia delusione nel saltare anche questa volta la mia agoniata pantagruelica abbuffata
I miei “soci” di week end, hanno acconsentito a trasformare quanto sopra in una cena in brasserie. Ok. Meglio che un calcio ma sempre più lontano.
Quindi, si entra in brasserie e con mio sommo sconforto, scopro che la più grossa bistecca non è che da due miseri etti. No. È un quinto del volume di carne che per me è una grigliata appena accettabile. Ero proprio deluso. Natale senza regali.
Altro aneddoto. Volevo la mia bella suite da competizione, uno spettacolo, neoprene sottile, legale per kona, una roba che rendi i 15 in acqua, e cosa ho avuto? Ricordati che …. E anche li cedo. Niente body da gara. Sarà per il prossimo anno.
Non finisce mica qui eh.
Volevo i soldatini, il nebbiolo Occhietti di Renato Ratti, io lo chiamo soldatini perché sull’etichetta ci sono effigi di soldati della vecchia armata sabauda, qualcuno durante la spesa non me l’ha lasciato comprare. Ieri sera a cena, leggo scritto in carta “Nebbiolo Occhetti”, badate bene Occhetti. A questo punto chiedo, posso avere i miei soldatini? Strappo una tirata risposta affermativa, finalmente, peccato però che era un altro vino. Come se voi chiedeste di Andrea e ci fosse un altro che si chiama Andriea. Morale, non era quello che volevo. Ottimo, meraviglioso, gran vino, ma non erano i soldatini.
Insomma, quasi mi viene da essere arrabbiato.
Ora veniamo finalmente a quello che volete leggere, perché volete il sangue vero? Iene.
E bene, non lo avrete. Un finesettimana meraviglioso, tolto qualche problema alla Redmobile, nulla di grave. Un po’di allenamento, divertimento, e un triathlon da vedere, certo, aver trovato il pettorale per il Corta Distanza, sarebbe stato magnifico, l’avrei fatto con piacere. Comunque ho nuotato, ho corso, sono andato in bicicletta, ecco questi ultimi due un po’più lontani dalla magnificenza di un po’di tempo fa, ma fatto in compagnia assume tutto un altro sapore, come quello della mia grigliata mista, ma non quella amara che non ho avuto, quella che ho vissuto in questi giorni innaffiata dall’intera armata rossa. Davvero meraviglioso.

martedì 9 agosto 2011

EH, SE TI DICO CHE PAGO IO….

08/08/2011.....
Quando uno è… come dire… me.
Periodo di inerzia, poca voglia di fare, di allenarsi e infatti la forma ne risente. Ben conscio della precaria condizione fisica mi è stata proposta una piccola gara promozionale, e che fare? Accettare naturalmente, nonostante il posto ameno. Infatti lo conosco per due ragioni, una di queste è che avevo una morosa che aveva una casa proprio li, e l’altro è che fino all’anno scorso la gara era su distanza “sprint” e ricordo perfettamente che non mi era piaciuta, infatti ricordavo un nuoto in un lago fangoso, no, non fangoso, melmoso, una zona cambio lunga e piena di ghiaia, roba che nei cambi ti triti i piedi, premi scarni e un tracciato ciclistico ti estrema fantasia: pronti via discesa, discesa, discesa per 10km, giro di boa e rientro con salita, salita, salita. Insomma, una catastrofe salvata dal percorso a piedi che era quantomeno accettabile.
Se pare difficile far peggio, con perizia e abnegazione, un margine sembra sempre esserci e infatti quest’anno ce l’anno fatta. Quando mi è stato proposto di andare ad Osiglia, ripeto, ho obiettato con le considerazioni di cui sopra, e voi direte, a tornare c’è da esser scemi, no? E infatti, da me che vi potevate aspettare?
In realtà l’ho fatto per una ragione che poi spiegherò meglio, ora recensisco la gara. Il lago è naturalmente sempre quello, per di più sabato col cielo di un colore che ho visto solo su qualche berlina tedesca di alta cilindrata, sembrava molto vicino a quel ramo del lago di Loch Ness che volge a… no, non a mezzogiorno, più quello a nord. Frazione di nuoto contro corrente con risalita nel fango, si, l’uscita dall’acqua quasi all’australiana ma non dal pontile, dalla fangosa riva, l’acqua non fredda ma lurida, avevo pezzi di cose ovunque. Già Candia lascia a desiderare, ma li riesce a esser peggio
Devono poi aver ascoltato le lamentele per la zona cambio, e anno pensato di metterla su sterrato fettucciando una zona su un prato a bordo acqua, peccato che per arrivare a salire in bicicletta si doveva transitare per una stradina sterrata per circa 200mt, salire in bicicletta prima di una salita ripida e sporca di ghiaia per fare il solito tragitto ciclistico anda e venanda di salita e discesa, cercando poi di ricordarsi che prima di scendere dalla bicicletta si sarebbe dovuta affrontare la rampa ghiaiata del garage. Ma non è finita li, i trespoli che hanno usato per tenere in piedi le biciclette hanno ceduto. Qualcuno si è trovato dei danni al mezzo, altri, me per esempio avevano la bicicletta in terra, coricata, che teneva su lei il trespolo. Biciclette troppo vicine tra loro… il tracciato contorto, l’arrivo della frazione podistica proprio al termine della citata rampa di asfalto ghiaiato, con rischio in caso di volate di voli a faccia in giù. Insomma, un disastro su tutta la linea, compresi i pasticci sulle classifiche. Non oso immaginare con l’olimpico del giorno dopo.
Se già Arona era bocciato, questo a scuola nemmeno lo si ammette.
“potrebbe esser peggio – e come?! – Potrebbe piovere” ecco, almeno quello, almeno non ha piovuto, anche se ci ha provato davvero con tutte le forze, perché quella discesa con il fondo bagnato e la bici che frena poco mi sa che tanti si sarebbero ammucchiati al secondo tornante, ma grazie al cielo questo non era nelle facoltà dell’organizzazione, per cui, salvi.
Comunque, meno male che ci sono andato per altre ragioni da quelle di far risultato e... Ecco, a proposito di questo, se uno prende e viene apposta per fare l’accompagnatore in gara, oh, sia ben chiaro, niente scorrettezze o facilitazioni, come quell’altra che ho dovuto staccare dalla mia ruota, solo qualche suggerimento, compagnia e incitamento, non lo devi cacciare dicendo che ti senti in colpa: son venuto apposta! È come quando ti offrono un gelato, da bere, una cena: si presume fatto con piacere, di una testa di legno che non sei altro. La prossima volta mi offendo eh?!



giovedì 4 agosto 2011

FILO D'OPPIO

Premessa (inizio): prometto che per un po’farò solo più post spassosi e divertenti, leggeri da leggere e/o che invitano al confronto, magari di rottura, provocatori, curiosi, ma il mio “tentato ritorno” deve essere una chiara e netta immagine della persona malata che si nasconde diero il faccione provocatorio del felliniano Albertone ombrellaio. Premessa (fine)

L’eroinomane, quando è “fatto” o meglio, quando non ha bisogno di dover cercare “roba” è disposto a pensare smetto. Il problema è quando poi ti manca, quando inizi a sentirne il bisogno sia fisico, e in quel caso principalmente, sia mentale-psicologico.
Ecco, se qualcuno di voi ha mai preparato una gara lunga, una maratona per esempio, parlo preparata per fare il tempo, non solo per arrivare sotto il traguardo, sa che all’inizio ti devi trattenere, sei abituato a ritmi ben più veloci ed impegnativi, le gambe vanno da sole e tendono ad assestarsi a ritmi più veloci di quello che è il passo medio da tenere, si tende a bruciare l’aria, sei carico dell’adrenalina da gara, sei fresco e riposato e ben preparato. Ti trattieni, poi assesti il passo sulla media che conti di tenere, quella che ti dovrebbe portare al traguardo nel tempo che ti sei prefissato. La parte dura è l’ultima. Tra i corridori ad esempio è famigerato il cosiddetto “muro” del 33 (che non è quello accanto a cui il medico ti visita). comunque tu sia preparato, li intorno ci sarà sempre un calo, che sia 33, 35, insomma, te lo devi aspettare.
Poi si arriva al traguardo, felice dell’impresa o semplicemente contento che sia finita, spesso vien da dire che forse non è il caso di ripetere l’esperienza e che tutto sommato si potrebbe anche sopravvivere senza. Il pensiero è insistente. È li, granitico, inamovibile nella sua semplicità. “basta”. Ma poi… poi subentra qualcosa, un meccanismo mentale strano che ti fa ridimensionare i momenti duri in cui l’idea di dire che basta così, perché il cervello umano è una cosa strana, tende ad addolcire i momenti dolorosi per autotutela e il tempo fa il resto. Senza contare che poi la passione, l’endorfina che rilascia, il senso di appagamento, come dire, non c’è carta che valga, neanche quella nera. Perché io so che a tutti viene il dubbio, per innamorati che siano della cosa, che “questo è l’ultimo”. Succede con gli Ironman… persino a gente molto più forte di me, gente da “mondiali” per intenderci, e poi? Che succede? Che inevitabilmente si torna li, a perseverare, ti riscopri testardo, sofferente e ostinato a ricominciare da capo. Gli allenamenti, quelli in compagnia e quelli duri da solo, non un momento libero perché tutto il tuo pensiero è li, verso quell’unica maledetta dolcissima meta. Non puoi più farne a meno, è più forte anche della razionalità che ti porterebbe a dire di smettere, che non sei stato condannato per orribili efferati crimini contro moltitudini di piccoli individui inermi e indifesi, ma niente. Li. A battere e ribattere su quel maledetto chiodo, senza poterne fare a meno, immaginate di picchiare con un martello completamente di ferro su un’incudine, forte, più forte che potete, ogni colpo vi da una vibrazione dolorosa, persino il suono vi infastidisce, ma appena smettete vi manca quella sensazione di formicolio che si trasforma quasi in un piacere, e allora continuate a battere, a picchiare, sempre più forte.
Ecco. Questo significa. Legati a filo doppio, perché nonostante tutto io tornerò sempre e lei pure. Senza non sappiamo più stare, io e lei. E non che non ci si provi, come dicevo, ogni volta  vien da “pensare questa è l’ultima, poi basta”, tu ci provi perché sei stufo di star male e lei fa di tutto per non farsi raggiungere. Balle. È inutile raccontarsela, se vuoi puoi e noi alla fine vogliamo perché senza non si sta. Quell’accidenti di filo che ci lega a vicenda sembra solo in flebile soffio di seta, una tela di ragno ma in realtà scopri che nemmeno il titanio è più resistente e che a un certo bel momento tanto vale assecondarlo, che tanto senza… si potrebbe anche morire.